di MARIO NERI
La leader e il ministro a Pistoia lanciano la campagna per le amministrative. Il dem prova a ricucire gli strappi a sinistra e con i “ribelli” anti-riarmo. Meloni incensa Tomasi, ma è rottura con la Lega
Se non ci fosse Ginevra, la figlia, che la fa commuovere, addolcire, che passione, che travaglio sarebbe questo centrodestra. Anche oggi sul volto è scemato quel bagliore da spice girl della politica italiana, i sondaggi ormai la proiettano fra le hit dei consensi, eppure le tocca fare i conti con i colpi bassi degli alleati. Tipo Matteo Salvini, appena ricevuto da Orban. Così Giorgia Meloni è arrivata alla nursery del vivaio Vannucci a Pistoia tutta ingrugnata, capo chino in avanti, incassato nelle spalle, quasi dovesse prepararsi a schivare ganci e montanti. E lo ammette, se non fosse per sindaci uscenti come Alessandro Tomasi, nel centrodestra «mi pare tutto molto confuso». A Carrara il fronte è spaccato, a Lucca corre un candidato quasi bruciato.
Ecco, un’ora dopo, non è che nel centrosinistra butti troppo meglio. Alla Fortezza 59, il caffè della Pistoia un po’ chic al centro dei giardini pubblici di piazza della Resistenza, il Pd di Pistoia ospita Andrea Orlando. Il ministro del lavoro è arrivato in soccorso a Federica Fratoni, la consigliera e ex assessora regionale scelta come avversaria del primo cittadino di FdI. I militanti un po’ mugugnano. «Ma perché non è venuto Letta? Non sarà che il Nazareno non ci crede». Certo Orlando interpreta il ruolo da tessitore. «Il campo largo? Si fa con chi si riconosce nel centrosinistra. Penso a chi ha remore a sinistra». Ma, dice il ministro, chi ora dubita, tentenna anche per le posizioni del partito nazionale sul riarmo e l’invio delle armi all’Ucraina «va capito, ascoltato, il dibattito sul riarmo non deve essere un freno al dialogo, serve comprensione per chi ha delle perplessità».
Messaggio, neanche troppo subliminale, alla fronda dem che proprio in Toscana ha aperto un fronte, appello a Vannino Chiti, l’ex governatore promotore di una petizione già arrivata a quota 6mila adesioni contro l’aumento della spesa militare, e pure a Samuele Bertinelli, l’ex sindaco assente, qui considerato più o meno alla stregua di "ribelle" capace di far mancare a Fratoni i voti necessari in una città dove la corsa a Palazzo di Giano sembra già una missione impossibile.
In fondo per Meloni, Tomasi in Toscana è una specie di eccezione. Se ne parla perfino come possibile prossimo candidato alle Regionali. «Dove lo ritrovate uno che ha portato il gas nelle case che non ce l’avevano, ha riaperto le scuole, si è curato delle zone montane abbandonate da anni». Son venuti in duecento a sentirla parlare del suo libro "Io sono Giorgia". Sulle seggioline bianche che qui anni fa ospitarono Matteo Renzi e le truppe di Italia Viva, adesso siedono molti giovanissimi, destra da addestrare all’ordine e alla disciplina.
«Via le mani dalle tasche», urlano dallo staff proprio mentre la leader di Fratelli d’Italia sta per scendere dall’auto che l’accompagna, ché come ai vecchi tempi missini e fascio-friendly mica ci si può mostrare sfaccendati, rilassati, scioperati sinistrorsi. Per la leader della destra d’opposizione la prima tappa toscana in questa campagna per le amministrative. E ha scelto Pistoia non a caso, ché qui c’è uno dei suoi pupilli, uno degli amici con cui ha scalato il partito fin dalle giovanili. Eppure, l’aria che tira nel centrodestra è sinistra, ohibò. Se a Pistoia Tomasi può contare su una coalizione compatta e perfino due liste civiche, a Lucca a Mario Pardini, vicino al filosofo Marcello Pera, prima era stato preferito il leghista Luca Leone, poi bruciato da Forza Italia e così la scelta dello sfidante del dem Francesco Raspini si è trasformata in una specie di gioco dell’oca. A Carrara, peggio: il Carroccio punta su un nome, FdI e fedelissimi del Cav su un altro. Uno spappolamento prodotto dal terremoto scatenato dall’elezione del presidente della Repubblica e che ha lasciato una scia lunghissima. Non è un caso che proprio mentre presenta il programma di governo, difatto lanciando la sua candidatura da premier, Meloni confessi di non sentirsi con il Capitano dal giorno della riconferma al Colle di Sergio Mattarella. «Volete battere la sinistra o noi?», ha detto a muso duro in conferenza stampa poche ore prima, cavalcando l’onda della “capa” ormai già assurta al ruolo di leader del centrodestra. «Divisioni e spaccature nella scelta dei candidati in Toscana? È un momento nel quale ci sono delle difficoltà, ma non chiedetelo a noi - si schermisce la leader di FdI -. Noi stiamo garantendo la riconferma dei sindaci uscenti, in tutta Italia, anche quando sono della Lega e di Forza Italia, e diamo l’ok alle proposte che vengono dagli altri quando sono vincenti. Mi pare che i problemi li creino gli altri. Chi? In generale c’è un po’ di confusione». Cita la Sicilia, ma guarda anche a Carrara, Lucca. «Mi pare sia tutto un po’ confuso. Io però non sono confusa. Quando ci sono sindaci di Fratelli d’Italia i problemi non ci sono».
Per i dem, qui, invece sì. Fratoni ha appena chiuso l’accordo con i grillini, anche se ancora non è chiaro se si presenteranno con il simbolo o camuffati da civici. Ma con la sinistra le trattative sono ancora in alto mare. La sinistra per ora punta su Francesco Branchetti. I vertici regionali dei partiti dialogano, quelli locali litigano. In tempo di guerra, Orlando prova a costruire la pace e il campo largo lettiano che sembra fare acqua da tutte le parti. Che in fondo, dice, quella «cultura cattolica, di pacifismo integrale, è la cultura in cui molti di noi sono cresciuti».